La Rivista per l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue

Standards im Fremdsprachenunterricht

Überlegungen zu einem nicht einfachen Begriff

Gianni Ghisla
Lugano

L’articolo propone una lettura critica del concetto di standard e della sua applicazione nel contesto formativo. Se gli standard vengono applicati con successo alla produzione di merci e servizi disponibili sul mercato e condizionano la nostra vita quotidiana in modo capillare senza che ciò susciti perplessità particolari, è possibile una loro utilizzazione sistematica anche nella scuola? Possono cioè gli standard contribuire ad assicurare il livello di qualità delle prestazioni scolastiche, quelle del sistema e degli insegnanti dapprima e quelle degli allievi in definitiva, visto che la formazione non è una merce considerabile alla stregua di qualsiasi altra merce? Per cercare risposte a questo fondamentale interrogativo, l’articolo mette dapprima a fuoco il concetto, distinguendo tra standard relativi ai contenuti, ai risultati (performance) e alle opportunità per poi evidenziare come per sua natura, pur mirando alla qualità, uno standard è legato alla dimensione quantitativa, necessita cioè di essere misurabile. La misurabilità si ottiene nell’ambito scolastico tra l’altro attraverso la cosiddetta operazionalizzazione degli obiettivi di apprendimento, il processo cioè che dovrebbe rendere osservabili le prestazioni degli allievi. In questo senso gli standard (riferiti ai risultati) non sono altro che una prosecuzione del discorso proposto dalla didattica per obiettivi e non sono esenti dai problemi che da sempre affliggono questa didattica, anzi semmai li portano all’estremo. Gli standard possono contribuire al miglioramento della qualità della scuola, ma solo se entrano in una strategia che va oltre la didattica per obiettivi e si fondano su un concetto di competenza nuovo e integrativo che nell’ambito dell’insegnamento linguistico sta maturando negli ultimi decenni. Il contributo conclude con un appello agli insegnanti affinché prestino sì attenzione agli standard, ma in modo critico e sufficientemente distaccato, soprattutto per non dimenticare che al centro dell’insegnamento vi sono due cose: gli allievi e la cultura che va veicolata con le lingue.

Der Beitrag versucht sich in einer kritischen Betrachtung der Standards und ihrer Anwendung im schulischen Bereich. Standards werden erfolgreich bei der Produktion von Waren und Dienstleistungen angewendet und bedingen die Qualität unseres Alltags in beinahe ungeahnter Weise. Kritik an ihrer Anwendung hat Seltenheitswert. Bedeutet dies, dass man sie unbedenklich auch in der Schule einsetzen soll? Können Standards zur Verbesserung der Qualität der Schule als System, der Leistungen der Lehrkräfte und schlussendlich der Resultate der Lernenden wirklich beitragen, zumal Bildung nicht einfach als eine Ware unter anderen, auf dem Markt zugänglichen Waren betrachtet werden kann? Die Suche nach Antworten auf diese grundsätzliche Frage führt über die Definition des Begriffs zur Feststellung, dass Standards Qualität anstreben, aber immer an eine quantifizierende Dimension gebunden sind, der man in der Schule über den Umweg der so genannten Operationalisierung von Lernzielen gerecht zu werden sucht. In diesem Sinne sind Standards nichts als eine Fortführung, ja gar Radikalisierung der lernzielorientierten Didaktik und leiden an den nämlichen chronischen Problemen dieser Didaktik. Und dennoch können Standards gerade zur Überwindung dieser Didaktik und somit zu einer Qualitätsverbesserung beitragen, wenn sie in eine kompetenzorientierte Pädagogik eingebunden werden, die allerdings den Mut braucht, vom tradierten, im deutschsprachigen Sprachraum verwendeten Kompetenzbegriff Abstand zu nehmen. Die Sprachdidaktik hat den Vorteil, dass sie gerade diesbezüglich einen situationsbezogenen Kompetenzbegriff zur Anwendung bringt. Der Beitrag schliesst mit einem Appell an die Lehrkräfte, sich mit den Standards zu konfrontieren, dies aber kritisch und mit der nötigen Distanz, damit sie die Aufmerksamkeit für ihr Kerngeschäft nicht verlieren.

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