La Rivista per l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue

Sprachen in der tertiären akademischen Bildung – ein Blick aufs Jahr 2031

Sabina Schaffner
Zürich

Una prima considerazione delimita il campo del ragionare: in generale in ambito accademico si attribuisce ad una competenza multilingue una grande importanza nella società globalizzata, d’altro canto i curricola universitari sono carichi al punto da lasciare poco spazio alle lingue. Prendendo poi come riferimento i quattro possibili orizzonti per l’insegnamento superiore nel 2030 delineati dalla conferenza dell’OCSE nel 2008, l’autrice discute sul ruolo che potranno avere le lingue. Nella migliore delle ipotesi le università saranno una rete aperta che offre agli studenti possibilità di studio diversificate a livello mondiale. L’inglese si imporrà come lingua franca, ma accanto ad altre linguae francae come il russo e il cinese; al tempo stesso si farà strada il multilinguismo, favorito dalle stesse università. Altrimenti si delineano scenari in cui l’inglese tende a diventare la lingua dominante entro un sistema universitario sempre più soggetto ai meccanismi del mercato. L’auspicio va in ogni modo verso un sistema universitario che valorizzi il multilinguismo individuale e istituzionale con la possibilità che proprio la Svizzera, con la sua tradizione plurilingue, possa assumere un ruolo trainante anche nell’ambito della ricerca delle implicazioni linguistiche, sia per la cultura scientifica che per la società in genere.

Gerne nutze ich die Einladung, einen Blick in eine nicht allzu ferne Zukunft zu werfen, die eine nächste Hochschulgeneration betrifft. Doch bleiben wir einen Moment in der Gegenwart: Einerseits thematisiert der heutige Diskurs zur Sprachenpolitik die wirtschaftlichen und politischen Folgen mangelnder Sprachkompetenz und macht deutlich, welcher Wert der Mehrsprachigkeit vor dem Hintergrund einer globalisierten und gleichzeitig in lokalen Gemeinschaften funktionierenden Welt auf kultureller und wirtschaftlicher Ebene beigemessen wird. Anderseits ist der in der Lissabonn-Strategie der Europäischen Union formulierte sprachliche Mindeststandard einer Kompetenz in zwei Fremdsprachen nicht überall eingelöst. Darüber hinaus ist die durch die Bologna Reform angestrebte erhöhte Mobilität der Studierenden auf Grund struktureller Einschränkungen in weit geringerem Mass Realität geworden als erwartet, während die hochbefrachteten Bachelor- und Masterstudiengänge überdies wenig Raum für die curriculare Einbindung von Sprachlernmodulen lassen. […]

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