La Rivista per l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue

Nuovi orientamenti nella formazione dei docenti di L2 in Italia

Franca Quartapelle
Silvia Minardi
Milano

Teacher training and education have undergone several changes since 1968. Before that time teachers were selected by means of exams that assessed their knowledge in a specific discipline. The claim, put forwards in the seventies, for a didactic and pedagogic education brought great changes. The selection of teachers was made in connection with courses on didactic and pedagogical topics and in the final exams didactic and pedagogical skills were assessed. Teachers had to attend the courses both before they were recruited and after starting work in schools.
In the spring of 2003 a school reform was passed. As a result, English as a foreign language is progressively being introduced in primary schools. This entails the training of primary school teachers in foreign language education. The Italian Ministry of Education has started a large programme, which also includes the use of new technologies, aimed at the qualification of primary school teachers for this new task.

Uno sguardo al recente passato

Fino a una trentina di anni fa per gli insegnanti italiani non era prevista una preparazione professionale. Chi desiderava diventare insegnante doveva scegliere il settore in cui specializzarsi (lingue straniere, discipline umanistiche, scienze naturali, scienze giuridico-economiche, ecc.), conseguire la laurea in quel settore e poi affrontare un concorso che consisteva in un esame. Chi superava l’esame poteva essere assunto sui posti disponibili. A chi non trovava più posto veniva riconosciuta l’abilitazione all’insegnamento.
All’inizio degli anni settanta questa modalità di reclutamento è stata sostituita da “corsi abilitanti” che si concludevano con un esame sui contenuti affrontati durante il corso.
I corsi abilitanti sono stati una conquista del movimento degli insegnanti che, sull’onda delle rivendicazioni post-sessantotto, reclamavano il diritto ad avere una preparazione professionale che all’epoca era completamente assente dai curricoli universitari, centrati su tematiche disciplinari. Gli esami dei concorsi precedenti toccavano solo marginalmente temi didattici e pedagogici che, comunque, erano estranei alla cultura universitaria. I “corsi abilitanti” si ponevano quindi come momento formativo istituzionale, anche se esterno all’università.
Ben presto, però, si cominciò a considerare questa formazione molto onerosa. Le 100 ore di frequenza al corso e l’esame conclusivo costituivano un carico lavorativo non indifferente per tutti coloro che insegnavano già nella scuola con incarichi precari, occupando posti al momento vacanti – vale a dire per la stragrande maggioranza delle persone. Oltretutto non c’era garanzia di mantenimento del posto nella sede di servizio ad esame superato. I corsi erano infatti aperti a tutti, anche a neolaureati che potevano superare l’esame in modo più brillante di coloro che erano già attivi nella scuola e precederli nell’occupare i posti disponibili.
Queste considerazioni hanno fatto sì che i corsi abilitanti venissero rifiutati dalle “generazioni successive” che rivendicavano forme di reclutamento meno onerose e senza rischio di “studio inutile”, come avveniva di fatto con i corsi abilitanti slegati da qualsiasi garanzia relativa al posto di lavoro.
La richiesta è stata accolta e la normativa è stata modificata: il concorso per l’accesso alla professione tramite esame è stato ripristinato. [...]

Ti interessa il testo completo dell’articolo? / Le texte complet de l’article vous intéresse? / Sind Sie am vollständigen Artikeltext interessiert? / If you are interested in the entire article